I GALLINA A BUJA
"Sul muro del solaio tirato a fino con la calce, per l'altezza di un metro e venti, oltre che l'albero G. dei Gallina erano segnati, anno per anno, le ceste che producevano i campi, e veniva segnato il quartese non solo per il Pievano di Santo Stefano ma anche per il nonzolo di Monte. Perchè " Monte suonava (le campane) per tutta Buja" inoltre Fausto aveva eseguito dei disegni a carboncino, mi ricordo un Vittorio Emanuele con due magnifici baffoni".
"Il primo Andrea (lo indicherò così d'ora in poi per non confonderlo con suo figlio Andrea (II) ) faceva il secondino a Venezia (non conosciamo dove) e a Venezia conobbe questa Nicoloso che poi sposò, lei aveva altre due sorelle . I Gallina provengono dalla Val di Sole nel Trentino (Testimonianza comune di Olinto, Corinna e altri). I vecchi raccontavano che da militari, durante una marcia, nella prima guerra mondiale, erano passati nella Val di Sole nel paese d'origine dei Gallina, ma chi si ricorda più come si chiamava quel paese". (Corregge Olinto) E' vero, Virginio e Giacomo poche ore dopo firmato l’armistizio, sono stati fra i primi ad entrare a Trento con una pattuglia (ancora piena di soldati austriaci), tempo dopo erano andati nel paese da dove si diceva i Gallina fossero originari.
"La moglie del primo Gallina aveva un figlio a Vendoglio che si chiamava Dionisio, lei faceva contrabbando di tabacco fra Venezia e l'Austria fu arrestata e tradotta nelle carceri di Venezia, lì conobbe Andrea Gallina che faceva il secondino nella stessa prigione . I vecchi raccontavano che era una donna molto scaltra".
"Il primo Gallina venuto a Buja ha sposato una Nicoloso, si raccontava che c'erano tre sorelle di cui due nubili che hanno lasciato tutte le loro proprietà a questo Gallina. La famiglia Nicoloso aveva il soprannome di "CARIE" e la gente diceva al plurale "le sorelle "CARIE" e quindi Andrea, andando lì ad abitare .....è normale che sia passato per "CARIES", come tuo nonno (rivolgendosi a me) che, andando ad abitare da sua moglie, ha trasmesso agli eredi il soprannome " Moschetins" anche se originariamente eravate anche voi “Caries”".
"Ecco da dove deriva il soprannome "Carie" era il diminutivo di ZACCARIA, adesso mi ricordo di averlo più volte sentito dire".
"Ho sentito dai "Vecchi" parlare di un Gallina partito per la Dalmazia (Slavonia)". "Partito per la Dalmazia (ricorda invece Olinto), ma di lui non si è saputo più nulla, non ha mai scritto neppure una lettera".
"Di lui non si è saputo più nulla".
"Il primo Gallina è venuto ad abitare a Sottocolle dalle sorelle "Carie" (Nicoloso) (Foto), dove c'era la vecchia stalla, inizialmente lì c'era una stanza sola. E da lì ogni anno al rientro dalla stagione (in fornace) si aggiungeva una stanza".
"Era così grande e grosso che quando le radici hanno iniziato ad alzare la stufa della cucina hanno dovuto tagliarlo, pensa che il gelso era nel mezzo del cortile".
"Anche ai miei tempi quando parlavano i vecchi noi bambini dovevamo "tacere ed ascoltare"".
"Raccontava mia nonna (Angela) che ogni tanto andava a rifare il letto a Domenico quando sua sorella Teresa (due sorelle avevano sposato due fratelli Enrico e Domenico) stava poco bene e che sotto il materasso aveva una borsa in pelle di agnello, con il pelo verso l'interno (probabilmente fatto per insonorizzare il tintinnio delle monete) piena di napoleoni d'oro.
"Mi raccontava sempre mio padre Virginio che, quando gli emigranti tornavano dalla Germania, alla fine della stagione di lavoro, molti di loro preferivano cambiare le monete d'oro con cartamoneta, più facile da portare e da nascondere durante il viaggio. I Caries invece preferivano l'oro tant'è che un anno, uno dei migliori, erano arrivati a casa con i segni sulle spalle lasciati dai sacchetti d'oro. I sei fratelli erano chiamati "i Càrions" in quanto di costituzione molto robusta, mio nonno Domenico ad esempio pesava cento dieci chili e Riccardo era famoso perchè riusciva a spostare un carro,alzandolo prima da una parte e poi dall'altra, di peso".
"I vecchi andavano a lavorare nelle fornaci all'estero quasi sempre in Germania, non solo, ma avevano cominciato a prendere in gestione le fornaci. Il contratto fatto con il proprietario consisteva in "TANTO PER MILLE COTTO" naturalmente dovevano provvedere a tutto e portarsi la gente a lavorare, che generalmente era gente della bassa friulana, dalle parti di Mortegliano ( "mais” di Mortegliano" dicevano per sottintendere gente lavoratrice ma anche un pò scaldinosa). E mica sempre gli affari andavano bene! Mio nonno, da parte della madre, un anno aveva preso in gestione una fornace in Romania, aveva portato la gente a lavorare, ma a mezza stagione il padrone li aveva cacciati, non era rimasto loro nient'altro da fare che ritornare a casa, e per pagare la gente aveva dovuto vendere alcuni campi".
(14) Ricordano Olinto Corinna Valerio e Lucia: "Quando ritornavano dalla stagione di lavoro d'inverno ingrandivano la casa (aggiungevano una stanza per tutta l'altezza della stessa), e dicevano costasse mille lire del tempo. I sassi per la costruzione venivano prelevati nel "Cjapitul" (Bosco di loro proprietà a Sottocolle) che così si chiamava perchè prima il terreno era di proprietà del "Capitolo metropolitano di Cividale", proprietà della Chiesa. Si racconta infatti che molti anni prima le case site sotto il bosco facessero parte di un convento. I Caries avevano acquistato il terreno dallo stato quando Vittorio Emanuele aveva requisito tutte le proprietà ecclesiastiche e le aveva poi rivendute".
"Si racconta anche che per una questione di "legittima", ma il motivo non è mai stato chiaro, i Caries siano andati per vie legali con la famiglia Bertòs. Il terzo fratello Giuseppe aveva sposato Nicoloso Luigia (1868) figlia di Nicoloso Leonardo "Bertòs" e Gregorutti Lucia, infine, dopo anni di schermaglie la causa fu vinta e la casa (di Sottocolle) chiamata "Ca Bertòs" era diventata di loro proprietà......... Resta il fatto che alla fine la famiglia Bertòs era quasi fallita, i Caries avevano speso per avvocati sessanta mila lire (cifra enorme a quei tempi), tanto che i vecchi dicevano che con quei soldi si sarebbero comperati tutto il borgo di Sottocolle. In questa casa sono andati ad abitare Giuseppe e Giacomo, mentre Valentino, Riccardo e Domenico sono rimasti nella casa paterna. Nel 1898 i Gallina si dividono (ricorda Lucia). La famiglia era grande, erano in trentanove e stava per nascere Giacomo (padre di Liliana e Giannina), e passato il numero di quaranta componenti si diceva che la tradizione (dei tempi) voleva che in famiglie così grandi ci fosse un prete.........ecco allora che dopo 96 anni di unità familiare, visto che una vocazione tardava a venire, i Caries si sono divisi (il racconto è confermato anche da Olinto ). Prima del 1976 sul portone della casa dov'erano andati ad abitare Giacomo e Giuseppe era inciso l'anno della divisione 1898, ma anche quello è stato distrutto dal terremoto. I Caries (ricorda Olinto), così diceva mio padre, sono andati benone fino che ad amministrare le finanze di casa ci ha pensato Valentino (il secondo fratello). Valentino (ricorda Valerio) dicevano che fosse un uomo molto intelligente, era stato a quei tempi assessore comunale e faceva le funzioni di perito, Virginio (padre di Valerio) raccontava che era stato lui il primo a Buja ad usare il sistema metrico decimale, e a pesare usando come unità di misura il chilo. Prima infatti si usava la libbra (Ricorda Olinto), mi ricordo che in casa avevamo una stadera in libbre con la barra di ottone e i numeri romani, il peso era composto da una testa di guerriero romano".
(16) Ricordano Giannina e Liliana: “.... dicevano che proveniamo dal Trentino, dal Tirolo, insomma da quelle parti e di mestiere lavoravano il rame, dicevano inoltre che non sono giunti direttamente qui dal Trentino ma che prima si erano stabiliti in Veneto, a Vittorio Veneto mi pare.”
(17) Ricordano Giannina e Liliana: Nonno Giobattta a differenza di tanti altri non ha mai voluto portare suo figlio (Giacomo) con lui al lavoro in fornace , diceva sempre “non deve fare questo mestiere”. .....Le donne, a turno andavano a trovare i mariti in fornace, chi rimaneva a casa doveva accudire i figli, aiutata dalle sorelle non sposate (figlie di Giobatta). Quell’anno in Germania avrebbe dovuto andarci Luigia ma visto che pochi mesi prima aveva avuto una figlia (Claudia) nostra nonna Maria Teresa (moglie di Giobatta) l’aveva convinta a lasciare andare lei al suo posto. Il destino ha voluto che proprio quell’anno in Germania durante la sua presenza Enrico (il marito di Luigia) morisse sul lavoro. Luigia per tutta la sua vita non ha più dimenticato che quell’anno avrebbe dovuto esserci lei in Germania, ed ha avuto sempre un “ombra” di risentimento verso la nonna che l’aveva convinta a rinunciare. ......
Enrico è morto in Germania, ha fatto una morte tremenda, durante il lavoro è rimasto impigliato nelle cinghie di una macchina per laterizi, dicevano, quelli che hanno avuto il coraggio di andare a vedere, che aveva fatto diversi giri impigliato nelle cinghie, sbattendo la testa a terra aveva persino scalfito il pavimento, restando alla fine decapitato.
..............Noi Friulani sparsi per il mondo, abbiamo un grande bisogno di tener viva la memoria della famiglia. E allora ogni volta che tornavamo a casa, lo facevamo raccontare, perchè se il nonno o lo zio racconta non si rompe il "filo del gomitolo" della famiglia. Allora lo facevo raccontare, così il filo non si è rotto....... |